Perinaldo (IM)

Dal 1288 Perinaldo (IM) ed il suo strategico territorio entrano a far parte della Signoria dei Doria di Dolceacqua.
Secondo i Diritti dei Doria del XVI sec. vengono ribadite per il borgo le identiche rubriche degli altri paesi colla variante del VI e VII cap. ove si stabilisce che i residenti debbano versare alla Purificazione in Febbraio 75 lire genovesi al Signore, che a Natale i bandioti debbano al Signore duo motones novellarii pingues…una crupa ovis optimae…e in festo Paschatis duo capreoli vel florenum unum pro libito voluntatis domini.

In Perinaldo, nel luogo detto la Loneta, i Doria possedevano poi due frantoi, in quello inferiore vi erano quattro botti grandi, due vasi lignei, di cui uno molto grande per contenere le olive e l’altro per riporvi l’olio, un’Hydria assai capace e quattro situlae.
Nel mulino superiore stavano invece tre botti grandi, tre piccoli tini, quattro situlae, una tineta, 34 sportulae, 2 corbulae, 2 anelli di ferro, ed uno strumento per aspirare l’olio d’oliva.
La rubrica 99 degli Jura o DIRITTI DEI DORIA menziona inoltre che a riguardo “Dei prati” il Signore di Dolceacqua ne aveva tre all’Alpicella (Arpexella), un altro sito al luogo “screpin” ed un altro ancora a “campi”.

Dal 1559 dopo la pace di Cateau Cambresis si succedono alterne vicende per la Signoria dei Doria in bilico nelle alleanze con la Repubblica di Genova od il Piemonte.

I rapporti fra i Doria ed i Savoia si guastano nel XVII sec. e nel 1625, durante la guerra tra Genova e i Savoia, la Signoria di Dolceacqua si allea con la Serenissima Repubblica di Genova.

Per reazione le truppe sabaude invadono i territori dei Doria: questi potranno rientrare poi in possesso del loro Dominio solo dal 1652 dopo aver prestato atto di vassallaggio ai Savoia ed aver visto trasformare l’antica Signoria in Marchesato, che da tal data entra del tutto nell’orbita politica piemontese.

Nel 1672, sorto un altro conflitto dei Savoia con Genova, il Marchesato viene invaso dalle forze genovesi ed il borgo di Perinaldo viene saccheggiato sì che la sua fortezza, posta sullo sperone ovest dell’altura a controllo delle vie di crinale, viene del tutto demolita (oggi ne sopravvive solo il nome nella “Piazza Castello”.

Da questo momento Perinaldo non patisce più altri danni ma entra nella crisi socio-economica dell’intero Marchesato, che entra in decadenza irreversibile dopo la distruzione del Castello di Dolceacqua durante la Guerra di Successione al Trono imperiale del XVIII secolo.
Esplosa la Rivoluzione francese ed affermatasi la stella di Napoleone, col trattato di Presburgo (28-XII-1806) Repubblica di Genova, Piemonte e tutti gli staterelli vicini diventano parte stessa dell’Impero francese.

Dopo la sconfitta di Napoleone (1814-’15) ed in seguito all'”Atto finale” del Congresso di Vienna (9-VI-1815) il Piemonte si trasforma in Regno di Sardegna, annettendosi il Dominio della soppressa Repubblica di Genova.

Non più contesa fra potenti rivali e non essendo più fortilizio sito su ambigui confini, Perinaldo prende a fiorire.

Da questo momento la sua storia si identifica con quella del Regno Sardo e, dal 1861, del Regno d’Italia.

Perinaldo, che gode di buon clima ed è immerso in un ambiente naturale molto bello, ha discrete risorse architettoniche.

Oltre alla sopravvivenza, ai lati est ed ovest di Piazza Castello, di due volte con copertura a botte (da collegare con le antiche fortificazioni) il paese si qualifica per la parrocchiale di San Nicola (o più precisamente della COLLEGIATA DI SAN NICOLA), la cui costruzione risale al 1489 anche se durante il ‘600 la chiesa venne modificata in linea col gusto barocco.
Nel 1887 il terremoto che demolisce Bussana e seppellisce centinaia di vittime nella parrocchiale di Baiardo, arreca gravi danni anche alla parrocchiale di Perimaldo, rovinandone l’abside, la facciata ed il campanile.
Per questo risultano oggi assai interessanti i restauri effettuati tra il 1966 ed il 1969 in forza dei quali l’antica chiesa si può oggi ammirare nella sua originale linea quattrocentesca, con l’armoniosa successione di belle colonne sormontate da capitelli cubiformi.

Tra il patrimonio della chiesa parrocchiale è da ascrivere una tela, denominata comunemente Delle Anime, datata della II metà del ‘600 ed attribuita alla scuola del Guercino (Giovanni Francesco Barbieri, da Cento).

Perinaldo (IM) – Il Castello Maraldi

Ancora dignitoso compare l’edificio del Castello Maraldi dimora, tra XVII e XVIII sec., degli astronomi e cartografi Cassini, Maraldi e Borgogno.

Il SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLA VISITAZIONE sorge non lontano dalla storica STRADA DEL VERBONE su di un poggio che guarda a nord verso il paese.
Si tratta di una CHIESA CAMPESTRE eretta nel 1600 dagli abitanti di Perinaldo: sarebbe stata collocata in tale posizione, in linea del meridiano ligure, su proposta di GIANDOMENICO CASSINI.
Dopo un lungo abbandono il SANTUARIO fu restaurato per volontà popolare e riconsegnato alla pratica della fede il 22-8-1965 come si apprende da una iscrizione sulla facciata: sull’ingresso in pietra arenaria domina una STATUA DELLA VERGINE mentre sopra l’altare è stata posta una tela raffigurante la MADONNA DELLA MISERICORDIA.
Nel dialetto di Perinaldo la CHIESA è detta MADONA RU POGIU RU REI cioè “Madonna del Poggio dei Rei”: secondo la tradizione tale nome le sarebbe stato conferito in quanto, secondo i canoni del DIRITTO INTERMEDIO, gli individui CONDANNATI A PENE CORPORALI dovevano procedere in una sorta di corteo tutto intorno il SANTUARIO iindossando ABITI DA PENITENTI, PORTANDO UN PARTICOLARE CAPPELLO SE NON UN CAPPUCCIO.
La tradizione non è affatto priva di fondamento.
Non era per nulla raro nel passato il caso di REI (come meglio si indicavano le persone giudicate COLPEVOLI DI REATI, per motivi religiosi o civili, costretti a compiere dei percorsi obbligati in vari luoghi pubblici: ciò lo si ricava dalle norme di molti STATUTI CRIMINALI E CIVILI e, su scala più estesa dal DIRITTO PENALE E CIVILE DEGLI STATI.
La pena più temuta, secondo gli STATUTI DI GENOVA [che son poi simili se non più miti di altri, compresi quelli dei SAVOIA] era di PROCEDERE TRAINATI DA UN ANIMALE SIN AL LUOGO DELLA PENA ed in particolare, fra vari tipi di CRIMINALI [dannati alla pena di caminare (spesso a stento dopo le TORTURE RICEVUTE PER OTTENERE UNA QUALCHE CONFESSIONE) sotto lo sguardo inflessibile del BOIA E DEI SUOI SERVENTI sin a determinati luoghi di culto nel presso dei quali essere poi puniti sotto gli occhi di tutti], in particolare molto di frequente comparivano i LADRI.

da Cultura-Barocca

A ceve, Teico, Teicum, Teucho, Teyco, Pieve di Teco (IM)

Scorcio di Pieve di Teco (IM) - Fonte: Wikipedia
Scorcio di Pieve di Teco (IM) – Fonte: Wikipedia

Il centro di PIEVE DI TECO (IM), la cui posizione strategica e topografica fu di rilevante importanza per la Repubblica di Genova, costituisce da sempre un punto storico di incrocio fra due assi viarie provenienti dalla piana di Albenga e dal territorio di Imperia [vie che fanno naturalmente riferimento ai cardini storici di COSIO – PORNASSIO – NAVA (COLLE DI NAVA)]; il punto ove si intersecavano i molti antichi PERCORSI “MAR LIGURE-PIANURA PADANA”. La prima parte del toponimo è infatti PIEVE che nella dizione locale suona come A CEVE quindi la PIEVE per antonomasia.
Col termine PIEVE nel CRISTIANESIMO ORIGINARIO si indicava storicamente, all’interno di una DIOCESI CRISTIANA, una STRUTTURA BATTESIMALE MINORE: la notazione è importante perchè rende possibile iscrivere dalle prime organizzazioni cristiane in Liguria la dipendenza di PIEVE DI TECO dalla grande DIOCESI DI ALBENGA in cui l’ISTITUTO PIEVANO fioriva alla maniera tipicamente italica e non alla DIOCESI DI VENTIMIGLIA la cui straordinaria conformazione già segnalata da N. Calvini di DIOCESI SENZA ORGANISMI PIEVANI la trasformava in un COMPLESSO GIURISDIZIONALE DI TRANSIZIONE tra AMBIENTE ITALICO ed AREA GALLICANA sì da replicare in AMBITO AMMINISTRATIVO RELIGIOSO la caratteristica di AREA DI PASSAGGIO TRA DUE AMBIENTI ETNICI E CULTURALI DIVERSI tipica, nell’ambito dell’ IMPERO DI AUGUSTO, delle PROVINCE OCCIDENTALI DELLA ALPI e dell’ESTREMO CONFINE OCCIDENTALE D’ITALIA reso in qualche modo caratteristico dalle particolari caratteristiche del MUNICIPIO DI ALBINTIMILIUM particolarmente se viste in relazione al MESSAGGIO POLITICO-CULTURALE emesso dal TROFEO DELLA TURBIA.

La II parte del toponimo PIEVE DI TECO rimanda ad un “TECO” [citato quale “TEICO” nel 1170, “TEUCUM” nel 1194, “TEUCHO” nel 1204, “TEYCO” nel 1235) con cui si indicava il CASTELLO e la CASTELLANIA che da esso dipendeva.

La Petracco Sicardi (nel suo intervento su PIEVE DI TECO nel DIZIONARIO DI TOPONOMASTICA edito dalla UTET di Torino) giustamente, come al solito, usa prudenza e oscilla fra due ipotesi: suppone ciè che il termine possa derivare da una base ligure indoeuropea o che possa derivare dal greco “TEIKOS” nel senso di “MURO DI DIFESA”.

Nino Lamboglia, forse meno prudente, sapeva però spesso dare il via ad ipotesi lungimiranti: senza soffermarsi troppo sui “distinguo” che di frequente non concludono interpretava senza esitazioni TECO come un derivato da TEIKOS e sosteneva la sua ipotesi con osservazioni di strategia e di topografia per nulla peregrine: alla logica dell’arte bellica greco-bizantina stava infatti la possibilità -come scrisse l’illustre archeologo- che fosse stata organizzata una postazione militare greca sul colle sovrastante il paese proprio dove sarebbe poi stato eretto il castello dei Clavesana.
Questa osservazione si rafforza peraltro alla luce di quanto lo stesso Lamboglia individuò per CAMPOMARZIO DI VALLE ARGENTINA e per quanto si va osservando in merito alle ORIGINI del CASTELLO COMITALE di DOLCEACQUA.
Se poi si fa cenno alla peculiare logistica, in tapporto al centro di PIEVE DI TECO, dei paesi di ARMO e di TORRAZZA (in riferimento soprattutto alla frazione di CALVI) [oltre al fatto che verisimilmente la vicina località di PORNASSIO era ancora un importante insediamento romano innestato sulla VIA DEL NAVA] si forgia davvero l’idea di un complesso organismo bizantino che risaliva la VALLE DEL PRINO per incentrare il suo cuneo difensivo verso l’Oltregiogo nella VALLE D’ARROSCIA, nell’area soprattutto di COSIO D’ARROSCIA.

La storicità medievale di PIEVE DI TECO in base ai documenti data dal 1233.

A tale data ricorre la fondazione del paese fatta attorno alla PIEVE, ad un POZZO e ad un MULINO in quel sito della pianura dell’importante VALLE che vede confluire le strade della zona destinate a superare il NAVA ed a procedere verso il PIEMONTE.
La ragione che presiedette a questa scelta fu chiaramente di natura mercantile e commerciale, fatta in un momento storico, in cui, spegnendosi lentamente col medioevo la sua economia chiusa e curtense, si scopriva la nuova esigenza di scambi commerciale.
Dopo le esperienze del MERCATO APERTO ROMANO il principio dei viaggi e dello sfruttamento degli antichi percorsi fu dapprima intrapreso dai BENEDETTINI e quindi praticato anche da CROCIATI e CAVALIERI oltre che da PELLEGRINI DI FEDE.
Su questo percorso si sarebbero comunque presto innestati i MERCANTI TARDO MEDIEVALI sì che PIEVE DI TECO divenne un’importante piazza mercantile ed una sede di manifatture della carta, delle calzature, del sapone, delle corde, del panno e del cuoio: per tale mercato, da una carta del XVI secolo, si apprede che passò una certa quantità di involti di carta prodotta dalla CARTIERA DEI DORIA DI ISOLABONA (forse per l’alto quantitativo e l’ingombro delle merci non ci si era potuti servire del meno comodo tragitto della VIA DELLE NEVI DEL NERVIA).
Da queste note è chiaro che molte potenze ambirono a controllare la piazza commerciale di PIEVE DI TECO.
Dapprima essa fu un possedimento dei CLAVESANA anche se il borgo già a fine XIV secolo (precisamente nel 1386) sarebbe entrato a far parte del DOMINIO DI GENOVA.
Naturalmente l’area non mancò di essere causa di altre interferenza, soprattutto ad opera dei SAVOIA in piena espansione dal PIEMONTE verso la costa: soprattutto nel 1600, precisamente nel 1625 e quindi nel 1672 l’area fu al centro di grossi scontri tra GENOVA E PIEMONTE in cui cominciarono a far prova gli ESERCITI DELL’ETA’ MODERNA.

Dopo gli EVENTI POLITICI E MILITARI DEL XVIII SECOLO E DEI PRIMI DEL 1800 la piazza mercantile e viaria di PIEVE fin a quando entrò fra i possessi del REGNO DI SARDEGNA dopo che fu soppressa, coi deliberati del Congresso di Vienna, la vecchia REPUBBLICA DI GENOVA, conobbe straordinari e terribili momenti storici.

Sotto il profilo topografico PIEVE DI TECO, di cui si può utilmente confrontare la splendida CARTA settecentesca del “Dominio della Serenissima Repubblica” del 1773 di Matteo Vinzoni con la STAMPA dal volume statistico del 1824 dello Chabrol, è interessante quanto sotto quello storico e civile.

Pieve di Teco (IM), scorcio dei portici del centro storico - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), scorcio dei portici del centro storico – Fonte: Wikipedia

Il GROSSO PAESE risulta distinto in due parti dalla VIA CENTRALE PORTICATA su cui davano sia i negozi degli artigiani che le case di nobiltà ed alta borghesia locale: particolarmente interessante è a questo proposito il tratto dei PORTICI DI VIA PONZONI opera di maestranze locali del XIV-XV secolo.
Tra le famiglie che hanno residenza in quest’area privilegiata si possono citare i Clavesana, i Ventimiglia, i Linguilia, i Borelli (il cui palazzo ha dato poi la sede all’attuale Municipio), e l’OSPEDALE DI S. LAZZARO (una delle numerose strutture decentrate appartenenti al SISTEMA SANITARIO ASSISTENZIALE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA contraddistinto da un caratteristico PORTALE.

Pieve di Teco (IM), Santuario della Madonna dei Fanghi - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Santuario della Madonna dei Fanghi – Fonte: Wikipedia

Interessante è a PIEVE DI TECO il SANTUARIO DELLA MADONNA DEI FANGHI cui si arriva sulla strada che da PIEVE porta ad ARMO.
La CHIESA sta in una zona anticamente paludosa alla confluenza tra i corsi dell’Armo e dell’Arogna.
Inizialmente qui era solo un PILONE in cui era custodita un’immagine della VISITAZIONE: fu eretto da certo Antonio Aicardo di Pieve di Teco.
In seguito il nobile locale Giovanni Domenico Ferrero fece edificare una cappella ottagonale.
La chiesa attuale risale al ‘700: ricalca vagamente uno stile classicheggiante, che spicca soprattutto per la caratteristica dei due avancorpi aggettanti e porticati, e suscita incredibili sensazioni di pace per la quieta della natura incontaminata in cui è inserita tra boschi, laghi, sorgenti.

Pieve di Teco (IM), Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista nel centro storico - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista nel centro storico – Fonte: Wikipedia

Un altro importante edificio religioso è la PARROCCHIALE, l’antica chiesa collegiata di S. GIOVANNI BATTISTA.
La struttura era quella di una fabbrica maestosa a tre navate, con absidi rettangolari tipiche del tardo gotico caratteristico del ponente ligure. A sinistra furono aggiunte in un secondo tempo una quarta navata e numerose cappelle gentilizie .
Secondo la tradizione sarebbe stata eretta nel 1234, ma gli specialisti moderni, documentati anche dal rinvenimento di una lapide, tendono a postdare l’edificazione al 1333.
La chiesa comunque, verso la fine del XVIII secolo ha subito una ristrutturazione tale da lasciare sempre aperti degli interrogativi sulla lettura genuina del suo primitivo assetto architettonico.
Nell’anno 1785, dato il decadimento dell’edificio avvalorato da perizi di mastri carpentieri, superati i contrasti tra le “fazioni” createsi fra restauratori e innovatori, quasi interamente il corpo della chiesa fu abbattuto.
Alcune tracce della vecchia parte absidale sono riemerse nella spazio della canonica, a destra dell’odierna fronte della nuova chiesa. Sullo stesso luogo dell’antico edificio sacro, tra 1785 e 1806, su progettazione dell’architetto Gaetano Cantoni, venne realizzata la nuova collegiata a una sola navata, di stile neoclassico, opera che a detta degli specialisti presenta significativa originalità. La fabbrica ha una stretta facciata con ambulacro e protiro che poggia su dei pilastri ricavati da pietra locale.
Tre archivolti sostengono quindi la grande cupola che s’innalza dietro il campanile.
Le pareti sono invece sorrette da una sequenza armonica di trentadue colonne a capitello corinzio .
Cupola e archivolti sono poi abbelliti con pitture del genovese Michele .
La soluzione per il grande edificio di una pianta centrale a triangolo fu quasi certamente suggerita dalla necessità di utilizzare completamente lo spazio a disposizione.

Pieve di Teco (IM), Oratorio di San Giovanni Battista - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Oratorio di San Giovanni Battista – Fonte: Wikipedia

E’ altresì meritevole di una visita l’antico ORATORIO DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE.

Pieve di Teco (IM), Teatro Salvini - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Teatro Salvini – Fonte: Wikipedia

Per il Teatro Salvini si rimanda a questo link.

Pieve di Teco (IM), Teatro Rambaldi - Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Teatro Rambaldi – Fonte: Wikipedia

Un altro edificio interessante è poi il TEATRO CIVICO RAMBALDI, con cupola rinascimentale, ricavato in un’ala del CONVENTO DELLE MONACHE AGOSTINIANE.

Pieve di Teco (IM), Chiesa della Madonna della Ripa- Fonte: Wikipedia
Pieve di Teco (IM), Chiesa della Madonna della Ripa- Fonte: Wikipedia

La CHIESA DELLA MADONNA DELLA RIPA, nonostante sia stata a lungo lasciata in degrado prima di una serie di interventi restauratori, costituisce un monumento di rilievo del ‘400 ligure.
Essa risponde alle caratteristiche dell’architettura ligure tardo-gorica come si può notare dalle colonne in pietra nera, dai capitelli stilizzati, dagli archi ogivali e a doppia ghiera.
E’ inoltre completamente rivestita, negli archi e nelle pareti, di stucco dipinto a fasce bianche e nere, coi muri parzialmente affrescati.
La sua abside è quadrangolare.
N. Lamboglia scrisse di questa chiesa nei Monumenti del Ponente Ligure (Torino, 1970, p.107):”[la chiesa] non possiede più la facciata, conglobata nelle posteriori sovrastrutture dell’Oratorio di S.Giovanni: l’ingresso principale fu probabilmente quello laterale, rivolto verso il borgo e ancor oggi contrassegnato da un grande portale gotico; ha pure quasi integro il campanile, tipico del secolo XV, bisognoso tuttavia di vivere in armonia con la chiesa e la sua architettura, ripristinando i suoi tre piani di bifore che danno il tono al paesaggio della valle“.

Chiostro del convento agostiniano a Pieve di Teco (IM) - Fonte: http://www.cassiciaco.it
Chiostro del convento agostiniano a Pieve di Teco (IM) – Fonte: http://www.cassiciaco.it

Lo stesso Lamboglia scrisse poi: “Pure esterno al BORGO DELLA PIEVE, fin dalle origini, fu il grande CONVENTO DEGLI AGOSTINIANI SCALZI ridotto in stato avvilente negli ultimi decenni, con la chiesa ed il campanile di costruzione cinquecentesca; unico e meravigliosamente integro resta il chiostro del XVI secolo, il più vasto di tutta la Liguria occidentale e il più arioso di proporzioni e di volumi, già largamente permeato di echi rinascimentali; colonne, capitelli ed archi sono tuttavia ancora scolpiti secondo la tecnica tradizionale e completano il panorama dell’arte ligure medievale nella sua espressione più attardata“.

da Cultura-Barocca