Tra luci ed ombre si è ricostruita la DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO ORIGINARIO NEL PONENTE LIGURE nell’ambito del quale hanno avuto dapprima peso varie esperienze monastiche [anche di natura eremitica ed ascetica orientale] e sviluppatesi su tutto l’arco ligure, senza escludere gli importanti insediamenti anacoretici in grotte e ripari dell’agro intemelio e delle future ville in particolare specialmente (oltre che nell’area di Bordighera) nel complesso della Cima della Crovairola tra Vallecrosia e S. Biagio della Cima: alle origini di questo primo apostolato risiedette, ed il processo durò a lungo sin oltre i tempi di Gregorio Magno, l’esigenza di deprimere la vitalità degli antichi culti idolatri attraverso processi di loro assimilazione nella teologia cristiana o di rovesciamento cultuale.
Dopo queste basilari esperienze religiose la Liguria, come tutta la Cristianità europea, fu caratterizzata dal grande e fondamentale apostolato dei BENEDETTINI cui (prescindendo dal mruolo essenziale avuto nella riscossa cristiana contro i Saraceni) risultarono strettamente legate alcune innovazioni importanti sia nel settore generale dell’agronomia e dell’alimentazione, in contrade prostrate dalle invasioni arabe sia in rapporto allo specifico settore della diffusione e del potenziamento dell’olivicoltura.
Attorno ai conventi, ai monasteri, alle più disparate strutture agricole e insediative benedettine, cosa non sempre citata a sufficienza, si concentrò una popolazione dispersa, ancora sgomenta per le violenze dei Saraceni: proprio dalla relazione di un vescovo genovese apprendiamo questa drammatica condizione di tanta povera gente: anche se i suoi dati si riferiscono all’area di Sanremo e Taggia dove i Benedettini del monastero piemontese di Pedona portarono conforto spirituale e ristoro socio-economico, per semplice linea comparativa oltre che sulla base di altri dati, è facile intendere quale enorme peso la missione benedettina abbia avuto per la ricostruzione del devastato Ponente ligure.
Nel territorio ventimigliese, come si è ricostruito dall’analisi di vari insediamenti monastici contemporanei a quelli delle aree di Taggia e Sanremo, si può anzi giungere alla conclusione che proprio intorno a Case benedettine si sia evoluto il ramificato complesso dei borghi minori e delle ville: meno lentamente di quanto si possa credere la popolazione rurale prese a concentrarsi sotto la protezione spirituale e temporale di questi monaci graditi ai feudatari locali e due caso emblematici, nella loro distinzione, sono quelli del Convento di S. Ampelio a Bordighera (in cui all’originaria esperienza eremitica si sovrappose una chiara matrice benedettina) e quello della chiesa benedettina di S. Pietro in Camporosso presso la quale si concentrarono i primi insediamenti urbani di tal paese della valle del Nervia.
Quando il Monastero di Pedona, a sua volta pesantemente colpito da assalti di Saraceni fu distrutto ed entrò in crisi irreversibile, le sue veci vennero, nel territorio intemelio, recuperate dai BENEDETTINI DI S. PIETRO DI NOVALESA in val Cenischia non lontano da Susa, che, scendendo verso il mare e superando le giogaie montane per la via del Nervia, portarono il loro apostolato nel territorio ventimigliese ed eressero un importante Priorato nell’area di Dolceacqua (il sito oggi detto del “Convento”) da dove irradiarono la loro opera e la loro spiritualità, attirando coloni e sparsi agricoltori che nei pressi del cenobio presero residenza fissa erigendo casolari e dando vita ad una notevole esperienza socio-religiosa di relazione: accanto ai Benedettini, ed alle loro esperienze “riformate”, dei Cluniacensi e dei Cistercensi, tra XI e prima metà del XIII secolo, si affermarono altri importanti ORDINI MONASTICI tra cui però, per l’agro intemelio, il suo entroterra e le sue ville, un ruolo di straordinaria portata, un èò come in tutta Italia, ebbero i FRANCESCANI che raggiunsero presto, per il loro infaticabile operato, grande rinomanza tra i ceti umili e gli abitanti delle ville agricole o marinare.
La genesi della Diocesi di Ventimiglia, per la stessa antichità affonda nelle nebbie del passato ma il suo studio è essenziale per inquadrare la trasformazione dell’antico municipio romano in un nuovo complesso geopolitico laddove la Diocesi, ancor più della Contea e del Comune, finiva per influenzare la delimitazione del territorio e la distinzione, pur all’interno di un solo corpo giurisdizionale e spirituale di Ventimiglia e delle sue ville, specie di quelle orientali destinate ad una grossa evoluzione, e poi ad una tormentata contrapposizione al capoluogo, sin a costituirsi autonomamente sotto il profilo economico, amministrativo e spirituale nella Magnifica Comunità degli Otto Luoghi.
Un momento importante nella storia della Diocesi ventimigliese, in merito alla suddivisione del suo territorio, si fa risalire a poco oltre la metà del 1200 quando i Canonici del Capitolo della Cattedrale (in quella particolare contingenza panitaliana che vide il clero secolare prevalere su alcuni grandi Ordini monastici in decadenza) procedettero ad una RIPARTIZIONE del patrimonio terriero ecclesiastico in 8 prebende.
Il torrente Garavano in questa divisione rappresentava un punto fermo della suddivisione di quel territorio diocesano i cui confini orientali (a differenza appunto di quelli occidentali) risultarono a lungo poco decifrabili e di cui solo in tempi recenti il compianto Nilo Calvini ha fornito un’esauriente identificazione al Ponte della Lissia presso Ospedaletti sì che, secondo tale motivata interpretazione, prima delle revisioni ottocentesche e dell’ampliamento del territorio della cattedra intemelia coll’agro sanremese e vari siti circonvicini, il territorio della diocesi intemelia anche nei tempi più antichi calcava la “giurisdizione ecclesiastica” che in una sua carta del 1752, sulla linea di costa, Panfilo Vinzoni identificò tra il limite occidentale presso Roccabruna e quello orientale segnato, per l’appunto, al ponte della Lissia.
Quest’ultima cittadina, con cui si “chiudeva” la parte orientale della Diocesi intemelia, racchiude nel suo nome una vicenda secolare di organi assistenziali, con terapie anche empiriche contro le grandi malattie dell’epoca, che si svilupparono proprio dal torrente Garavano sino alla medesima Ospedaletti coinvolgendo anche tutto il territorio delle antiche ville intemelie.
La ragione del fiorire di questi organismi assistenziali non era però legato solo a ragioni curative e di ricovero ma anche, se non principalmente, all’esigenza di dare ospitalità sotto un tetto e su dei letti decenti ai tanti viandanti che proprio in quest’epoca percorrevano il territorio ventimigliese.
Il rinnovato, intenso traffico, sia per la pur ardua linea di costa sia per il citato tragitto alpestre di val Nervia [arcaico TRAGITTO di genesi ligure, quasi certamente potenziato dai Romani, che per lungo tempo fu via di comunicazione fra Liguria Occidentale e Basso Piemonte] è citato soprattutto negli atti scritti a metà del ‘200 dal notaio Giovanni Di Amandolesio: esso risiedette in un grandioso fenomeno di espansione del Cristianesimo a scapito dell’ormai rallentato espansionismo islamico.
In un primo momento si ebbe infatti il grande fenomeno delle Crociate che raggiunsero pur provvisoriamente lo scopo di riconquistare alla Cristianità gran parte della Terra Santa e Gerusalemme in particolare: nello stesso tempo, seppur tra il lugubre bagliore dei roghi specie nella dolce PROVENZA dopo la feroce Crociata contro gli Albigesi, andava trionfando l’annosa lotta della Chiesa contro le ERESIE ANTICHE, già temute, coll’emblematico nome di Idra Eretica, quali espressioni di un inganno diabolico ma, in verità, ormai sfiancate da anni di lotte e persecuzioni.
Sulla secolare vicenda si innestò, dopo la vicenda puramente militare, un fervente fenomeno di pellegrinaggi alla volta dei Luoghi Santi della Cristianità
Il notaio di Amandolesio fece cenno ad un fervore di viaggiatori che dal Ponente ligure, ove si radunavano, si imbarcavano su vascelli di vario tipo per fare vela alla volta di Gerusalemme e recarsi alla ricerca dei siti in cui il Cristo predicò la sua dottrina: il di Amandolesio, oltre a ciò, fece spesso riferimento ad una intensità sempre in crescendo del traffico marittimo di merci e persone, che in un piano di generale rinascita dopo gli antichi terrori dei Saraceni, si stava sviluppando nel mare che da Ventimiglia e Ville portava verso Arles e Marsiglia come verso Roma: negli atti il notaio registrò un movimento davvero continuo di imbarcazioni di diversa stazza che sfruttava sia i due porti canale di Ventimiglia, quello antico del Nervia e quello del Roia, ma che si avvaleva anche di imbarcazioni a ridotto pescaggio come i copani per sfruttare dove possibile la navigabilità dei due corsi fluviali, all’epoca di portata molto superiore a quella odierna come hanno dimostrato tanti studi storici e idro-geologici.
A proposito del gran flusso di VIANDANTI e PELLEGRINI è sintomatico che tra i documenti redatti dal di Amandolesio compaia un testamento fatto redigere a metà XIII secolo da tal Ugo Botario che, fra altri lasciti, stabiliva delle somme di denaro da lasciare alle Confraternite dell’Opera del Ponte sia del Nervia che del Roia: si trattava di uno dei vari donativi, registrati dallo stesso notaio, fatti anche da altri testatori a vantaggio di questi due ponti che per essere in legno dovevano annualmente, con spese non indifferenti, essere restaurati dalle Confraternite.
Con lo stesso testamento il Botario lasciava altresì delle somme di denaro per alcuni Ospedali, retti da Confraternite religiose e sparsi per l’agro Ventimigliese tra Garavano e Ospedaletti.
Il denaro, stando a quanto si legge nel documento, sarebbe servito per comprare “sacconi e giacigli per i poveri viandanti”: si intende che gli ospedali oltre che a svolgere funzioni curative per gli ammalati erano anche dei ricoveri ove a pochissimo prezzo erano ospitati i viandanti ed in particolare i pellegrini che giungendo dal Basso Piemonte in particolare, ma anche da altri siti di Liguria, si valevano, come detto, del territorio di Ventimiglia e Ville come di un nodo di partenza verso i luoghi di Terrasanta liberati dalle imprese dei Crociati e da altri cavalieri cristiani tra cui un ruolo importante ebbero i Templari che nell’agro di Ventimiglia e Ville tenevano un loro Ospedale ove ospitavano i pellegrini di fede che spesso scortavano verso i luoghi santi della Cristianità.
Tanto fervore di viaggi e spedizioni, militari e no, era solo parzialmente legato alle Spedizioni in Terrasanta liberata dalle Crociate: in effetti altri porti erano da anteporre a quelli di Ventimiglia e ville per spedizioni in Terrasanta, tuttavia la grande frequentazione del Ponente ligure ad opera di viandanti e pellegrini provenienti dall’Italia ma anche da terre straniere del Settentrione trovava una particolare motivazione in una specifica contingenza di generale riscatto del Cristianesimo che, per le prospettive geografiche del tempo, finì per costituire un fenomeno planetario.
Infatti, dopo aspre campagne di guerra, i Sovrani cattolici della Spagna, secoli prima quasi interamente asservita agli Arabi, con la trionfale vittoria del 1212 a Las Navas de Tolosa, avevano quasi portato a termine la Riconquista cattolica della Penisola iberica relegando i nemici islamici nell’area di Granada donde sarebbero stati cacciati solo nel 1492.
La vittoria cristiana in Spagna fu intesa presto come un’impresa sostenuta dalla potenza divina e il Santuario di Santiago di Compostela, propugnacolo della Riconquista eretto dopo una vittoriosa impresa cristiana, finì per essere ascritto con Roma e la Terrasanta fra i luoghi tradizionali del pellegrinaggio di fede.
Esso raggiunse anzi tanta fama da diventare una meta storica dei viandanti della fede che vi si recavano (o mandavano loro emissari a portarvi qualche ex voto) sfruttando un documento, che divenne celebre ed ambito, il cui nome era, semplicisticamente, Visitandum: si trattava di un’utile guida per raggiungere, attraverso la Gallia, le Spagne e poi spingersi fin all’Atlantico presso cui sorgeva il Santuario
Questo fenomeno spiega la presenza a Ventimiglia di cavalli di buona razza, non destinati alla macellazione ma ad esser commerciati per dar ricambio ai viandanti, ai Santi pellegrini ed a quei bizzarri messaggeri di pietà cristiana che erano i cavalieri della fede a pagamento, veri e propri avventurieri che, per quanti non avessero le forze o mancassero di coraggio, tramite un particolare accordo, spesso redatto su un atto notarile, affrontavano il non facile viaggio per Compostela.
Sull’antica carta erano minuziosamente indicati tutti i luoghi spirituali che si sarebbero incontrati durante il lungo tragitto, spesso fatto per luoghi aspri e popolati di briganti: a partire dalle Gallie come si può notare tuttora sulla Carta del Visitandum erano segnati i 4 tragitti storici per Santiago, elencati partendo da Sud a Settentrione: il I Tragitto era identificato nell’area di Arles donde si recavano molti viandanti che eran giunti da tutta Italia nell’agro ventimigliese prendendo riposo ed ospitalità nei ricoveri ed Ospedali sparsi nei dintorni e di cui, dagli atti notarili, si son recuperati sì diversi nomi ma non tutti certamente, data la rilevanza del fenomeno pellegrino (e senza contare i ricoveri privati non retti da Confratelli ma da semplici cittadini che, dando ospitalità a prezzo più elevato e generalmente a ricchi borghesi od a nobili, si arricchivano in modo non indifferente).
Queste convergenze tra Pellegrinaggi, la rinnovata affermazione del Cristianesimo, l’aumento dei traffici viari e marittimi per contrade relativamente liberate dai predoni e fatte salve da Arabi e Saraceni ebbero un singolare effetto su tutta la Diocesi e l’agro di Ventimiglia dislocati geopoliticamente in un’area fondamentale di passaggi ed itinerari, dove si intrecciavano flussi di viandanti, ove soprattutto si poteva riposare e rifornirsi in previsione di partenze per destinazioni anche molto diverse.
POSTILLA SU CAMPOROSSO:
CAMPUS RUBEUS
originario insediamento rurale di origine romana [ il cui primigenio complesso demico nello straordinario areale topografico della CHIESA DI S.PIETRO ( inevitabilmente soggetta all’influsso delle case monastiche pedemontane e delle loro appendici sino al Convento dolceacquino di N.S. della Mota (Muta) e quindi all’influenza monastica dei Benedettini oltre che della loro vigorosa ripresa dell’agronomia in forza del sistema della Grangia ma anche, dopo la cacciata dei Saraceni del Frassineto e il ricontrollo cristiano dei tragitti, sito strategicamente eccezionale per i “Viaggi e i Pellegrinaggi della Fede” nei diversi Luoghi Santi), in epoche successive dimensionato quale contrata (contrada) = siti tutti, verosimilmente da tempi lontanissimi, raggiungibili per un ponte (guado? romano a pedate di tipo medievale?) sul Nervia imboccata, provenendo da est, una DEVIAZIONE DELLA STRATA ANTIQUA O “STRADA ANTICA” (GIA’ DELLA STRADA ROMANA?) secondo la direttrice delle Braie ] dovette per qualche scelta demografica o rurale esser “scivolato”, per quanto sappiamo dal XIII secolo, nell’attuale logistica.
per agevolare la lettura visualizza qui dalla CARTA NOTARI UN DISCORSO SULLE POSSIBILI TAPPE
DI UNA ANTICA VIA DEI PELLEGRINAGGI A SANTIAGO DI COMPOSTELA seguendo questo tragitto
“chiesetta di San Rocco, a Vallecrosia, di San Giacomo di Camporosso, crinale di Ciaixe,” [in questo contesto assume importanza a riguardo di Camporosso qual storico produttore di mandorle la moderna constatazione a riguardo della località Ruge, sotto il vallone di Ciaixe verosimilmente un Castellaro proprio della Civiltà ligure preromana, ove vasta è tuttora la presenza di mandorli, anche inselvatichiti e in pratica divenuti un endemismo] “rovine della grangia sottostante i Martinazzi, Santuario delle Virtù, San Rocco presso Bevera, Sant’Antonio sul crinale della valle di Latte e perduta chiesuola di San Gaetano sulla Spiaggia di Latte
[a proposito di questo auspicato approfondimento in merito allo spostamento di Pellegrini di Fede ma anche della conservazione di certi percorsi medievali colpisce questa ******************CARTA DEL ‘700******************
in cui si indica il recupero di un tragitto con sorprendenti analogie con quello descritto dall’autore di un articolo edito nel sito della Cumpagnia d’i Ventemigliusi sotto la Categoria: TRADIZIONI INTEMELIE (Pubblicato on line: 24 Novembre 2016) specificatamente per quanto concerne le notazioni alla nota 10 (della carta si può vedere qui con integrazione critica
la specificità del superamento, tramite una deviazione, del Nervia, nell’areale di Camporosso
per ulteriori tragitti montani)]
da Cultura-Barocca